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Natura ama nascondersi

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rec. a Natura ama nascondersi
TitelNatura ama nascondersi
Publikations-ArtArticolo di giornale
Anno di pubblicazione1948
AutoreSavinio, Alberto
GiornaleCorriere della Sera
Luogo di pubblicazioneMilano
Data12 ottobre 1948
Seitenzahlenp. 3
Vollständiger Text

Mi è capitato tra le mani un libro. Si chiama Fusiscruptesthaifilei. Molti autori e molti editori si preoccupano meno della sostanza di un libro, che di trovargli un titolo allettante. Giorgio Colli, autore del libro in parola, non ha preoccupazioni di questo genere. E si capisce. Colli è un filologo-filosofo. Il suo libro consiste in studi sulla filosofia greca. Il titolo del suo libro, che in greco, e soprattutto in greco scritto con lettere italiane fa quassù quello strano effetto, in italiano significa semplicemente «La natura ama nascondersi». Una verità.
Un libro attuale
Anche sugli allettamènti bisogna intendersi. Le cose che allettano altri non allettano me. Quando la mattina apro il giornale, quotidiano menu degli interessi comuni, non quella malinconia che entra anche nell'animo degli déi, ma un tetro avvilimento mi viene da tanta universale miseria. Questa dunque la vita? Questa la vita a «di tutti»? Mi sono di conforto allora alcune cose, ignote agli altri e indifferenti come questo libro di Giorgio Colli che, fedele alla Natura, ama esso pure nascondersi dietro venti grammata stretti gli uni agli altri. Filologia: supremo pudore.
Questo libro, apparentemente inattuale, effettivamente è attualissimo. Ma anche sul significato di attualità bisogna intendersi. Le sue pagine ripercorrono la storia del pensiero greco, dal presocratismo più lontano a Platone: ripercorrono la storia della ricerca delle verità (non «della» verità), in un periodo della vita dell'umanità in cui questa ricerca fu fatta nella maniera più degna e pulita, attraverso le ricerche vive e articolate dei fisici (Presocratici), fino a colui (Platone) che fuse (e confuse) le varie verità, e di esse fece una verità unica, e staccò le verità dal fisico, le separò dal moto naturale, le isolò dalla vita, e ammolli e paralizzo le articolazioni della ricerca, fermò il vero corrente, iniziò l' immobile assurdo: fissò in altre parole il pensiero nel domma e nella scolastica: forme dalle quali l'umanità europea non riesce ancora a disancorarsi.
Che è la crisi del nostro tempo? L'assurdo immobile, questa enorme impalcatura ideale che dominava l'umanità europea, è arrivato all'estremo della resistenza. Sta per crollare. Crolla.
Una nuova èra mentale incomincia. La quale rimette al primo posto la fisica (le cose fisiche, ta fisicà, le cose naturali) e sveglia nel nostro tempo un grande e rasserenante riflesso del mondo presocratico; ma è ostacolato da coloro (nessuno più «eroico» di colui che combatte in nome dell'Assurdo) che puntellano la crollante impalcatura. Platone, filosofo poeta. Perchè ho sempre diffidato della «poesia» di Platone? La poesia può anche servire a nascondere. A nascondere l'assassinata Verità.
La fine di Platone
Non conosco più bella nè più malinconica «fine di Platone», di questa descritta nelle sei ultime pagine del libro di Giorgio Colli. Platone, in ispecie di molle e stanco pompiere, è di una verità abbagliante. Tutto è giusto in queste pagine. «Dopo il Parmenide la vita di Platone è sommersa nella tristezza. Si conclude un lento processo iniziato vent'anni prima. Fin dal primo viaggio in Sicilia egli era stato soggiogato dal demone politico e dal bios pitagorico, e già il Simposio ne aveva risentito. La pienezza di vita e l'eros per Dione avevano però ancora mantenuto questo dialogo in una sfera ascendente e fresca. Negli anni che seguirono la vita andò cristallizzandosi in schemi. L'eroismo interiore costava troppo e il riposo del compromesso attrasse Platone: il lustro dell'Accademia gli sembrò cosa piacevole».
Giusto il raffronto con Goethe: «Questo trapasso ricorda da vicino l'evoluzione di Goethe, e in entrambi i casi la gloria mondana dell'uomo universale si paga con un'intima viltà, che rinuncia a quanto la gioventù esuberante ha fatto intravedere come vero cammino».
Giusta l'identificazione della natura di Platone. «Evidentemente a provocare tale scadimento non sono gli influssi esteriori, che costituiscono tutt'al più le occasioni perchè un tratto fondamentale del carattere d'un tratto si manifesti. Qualcosa di rigido, di duramente astratto fa parte della natura di Platone, un tratto apollineo, come moralismo sociale e svalutazione dell'uomo di fronte alla divinità, che trova piena rispondenza nello spirito pitagorico».
Chi più acutamente ha riconosciuto e denunciato la tossica responsabilità del pitagorismo in Platone, e implicitamente il deleterio del pitagorismo? E ancora: «Platone crea per il primo la cultura ufficiale e scolastica, che offre alla posterità. La scienza, come sistema del sapere staccato dalla vita, nasce ora: la conoscenza è fine a se stessa, subordinata soltanto a un'unità costruttiva. L'attività speculativa è divisa, organizzata, diretta, cessa quasi di essere una schole per diventare un dovere, e la filosofia per la prima volta si fa professionale». Pensate: «Cultura ufficiale e scolastica», «conoscenza fine a se stessa», «filosofia professionale»: tutti i mali di cui l'umanità tuttora soffre.
Aristotele, alla fine di queste pagine cristalline, è collocato anche più giù. Come si doveva. Aristotele che non sente, lui, il bisogno di nascondere dietro poetico velo l’assassinata Verità, ma ne seca il cadavere, con impassionalità di anatomico e di computista.
Monoteismo e anima
«Aristotele - dice Colli - non possedeva (come Platone) quella psiché e quel ti. La psiché, l'anima, ed è tanto che io lo vado ripetendo. Platone non solo la possiede, ma della psiché egli è l’agente, l'importatore dall'Asia in Europa. Della psiché parlano anche i Presocratici, questi grandi europei, ma come di uno dei tanti elementi della vita: non della psiché come Anima assoluta e staccata dalla «nostra» vita, questo concetto prettamente asiatico.
Due concetti importò Platone dall'Asia: monoteismo e anima. Con che questo greco, questo europeo, irrimediabilmente guastò lo spirito greco, lo spirito europeo. Per ritrovare la psiche come uno dei tanti elementi della vita bisogna aspettare Freud. A quando un saggio su Freud «presocratico»? A quando un saggio su Freud «risanatore dello spirito greco ed europeo»?
Come s'è visto, la mente filologica e filosofica di Giorgio Colli è fuori dello scolastico, fuori del professionale: dominanti della cultura italiana. Questo il suo carattere, questa la sua fortuna. Questo anche l'ostacolo di una comoda carriera. In compenso, è di menti di questo genere che ha bisogno l'Italia.
Alberto Savinio

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